La carenza di personale all’interno del Servizio sanitario nazionale (SSN) è un problema noto ed evidente, soprattutto per quanto riguarda le professioni sanitarie. La situazione è aggravata dalla mancata sostituzione del personale in servizio, il che porta ad una riduzione del numero di operatori disponibili a garantire i servizi di assistenza sanitaria ai cittadini. Inoltre, l’incapacità di coprire tutti i posti vacanti nei concorsi banditi dal SSN rappresenta un ulteriore segnale della carenza di personale sanitario.
Nonostante ciò, va detto che la situazione non è sempre così chiara e semplice come sembra. Infatti, ci sono casi in cui si verificano dei misteri inspiegabili, come l’assenza di candidati in concorsi per posti di lavoro altamente qualificati o la difficoltà nel reperire personale per determinate specializzazioni mediche. In questi casi, occorre analizzare attentamente i fattori che contribuiscono a questa situazione, al fine di individuare soluzioni efficaci per risolvere la carenza di personale nel SSN.
Inoltre, va sottolineato che il problema della carenza di personale non riguarda solo la quantità di operatori disponibili, ma anche la qualità delle risorse umane presenti nel sistema sanitario. È necessario, quindi, porre particolare attenzione alla formazione e alla valorizzazione delle competenze dei professionisti sanitari, in modo da garantire una migliore qualità dei servizi offerti ai pazienti e una maggiore soddisfazione degli operatori stessi.
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disallineamento tra domanda e offerta
Nell’ambito della pubblica amministrazione, si è registrata di recente una significativa disomogeneità tra il numero di posti messi a concorso e il numero effettivo di candidati ammessi alle prove successive. In particolare, un concorso per l’assunzione di 639 infermieri in Friuli Venezia Giulia ha attirato 966 candidati, ma solo 506 di essi si sono presentati alla prova scritta, di cui solo un quarto ha superato la prova orale finale.
In modo simile, il concorso attualmente in corso per l’assunzione di 500 magistrati ordinari ha riscontrato un numero sorprendentemente alto di candidati bocciati. Soltanto il 18% dei candidati esaminati (294 su 1.580) ha superato la fase di correzione degli elaborati, con una tendenza percentuale dei bocciati dell’81%. Alla luce di questi risultati, è probabile che non tutti i 500 posti messi a concorso saranno coperti, come accaduto nel precedente concorso in cui il 95% dei candidati era stato bocciato.
La questione solleva una serie di interrogativi riguardo alle cause di una simile disparità tra i posti a disposizione e il numero di candidati ammessi alle successive prove. Ciò potrebbe essere dovuto a una serie di fattori, come la difficoltà del concorso, il basso livello di preparazione dei candidati, la mancanza di incentivi adeguati o la disaffezione verso le carriere nella pubblica amministrazione.
In ogni caso, queste tendenze sollevano importanti preoccupazioni per la qualità del personale che entra a far parte delle strutture pubbliche, soprattutto in settori critici come la sanità e la giustizia. Sarebbe auspicabile un’attenta valutazione dei processi di selezione per garantire l’ingresso dei candidati più qualificati e idonei alle specifiche mansioni richieste.
Il paradosso nel mercato del lavoro Italiano
Le due vicende descritte evidenziano una situazione paradossale nel mercato del lavoro italiano. Da un lato, molti giovani disdegnano lavori considerati “umili” e sottopagati, mentre gli imprenditori lamentano una carenza di circa mezzo milione di lavoratori non altamente qualificati. D’altro canto, concorsi per posti di lavoro destinati a laureati o professionisti qualificati risultano spesso deserti o con un alto tasso di bocciature, nonostante la presenza di un gran numero di disoccupati (stimati dall’Istat in circa cinque milioni).
Questa situazione appare altamente problematica e irreale, poiché la domanda e l’offerta di lavoro non riescono a trovare un equilibrio, e non sembra esserci una soluzione immediata per invertire la tendenza. Si può ipotizzare che esistano diverse ragioni alla base di questo fenomeno, come una crescente disaffezione verso lavori considerati meno prestigiosi o la mancanza di incentivi adeguati per intraprendere determinate carriere. In ogni caso, è essenziale che il sistema di selezione dei candidati e le politiche attive del lavoro vengano attentamente analizzati e riformati per garantire un miglioramento delle opportunità occupazionali per tutti i livelli di istruzione e di competenza professionale.
possibili motivazioni
La vicenda descritta all’inizio del testo evidenzia una problematica nel reclutamento di personale nel settore sanitario in Friuli Venezia Giulia. Si possono avanzare due possibili spiegazioni per la mancanza di infermieri, entrambe con una valenza generale. La prima è che il livello di preparazione dei laureati in infermieristica sia molto basso, ipotesi che potrebbe essere confermata dalla qualità delle prove scritte per il concorso per la magistratura. La seconda spiegazione è che la commissione esaminatrice sia stata troppo severa o che i contenuti delle prove fossero esageratamente complessi.
Indipendentemente dalla motivazione specifica dell’accaduto, si può osservare una patologia nel reclutamento di personale che porta ad avere aziende sanitarie senza il personale necessario e una notevole quantità di disoccupati, con una attrattività in calo per le professioni sanitarie nel sistema pubblico, mentre molti lavoratori sono attirati dal privato.
La situazione descritta evidenzia come il mercato del lavoro nel nostro Paese sia schizofrenico, con la presenza di una diffusa carenza di lavoratori di basso profilo, ma allo stesso tempo un numero elevato di laureati disoccupati. Questo dimostra come l’incontro tra domanda e offerta di lavoro non sia equilibrato, con una difficoltà nel trovare una soluzione a breve termine.
La crisi dei concorsi pubblici per il reclutamento: una riforma urgente e necessaria
Il fallimento della programmazione dei fabbisogni nel settore sanitario è indubbio e richiede un’analisi attenta delle cause sottostanti, incluso il livello di preparazione dei laureati. Tuttavia, la situazione diventa ancor più preoccupante quando si considera che i concorsi pubblici per il reclutamento di personale sanitario sono spesso deserti o non forniscono vincitori sufficienti. In particolare, il sistema di reclutamento obsoleto, basato su due decreti vecchi di 22 e 26 anni fa, risulta inefficace e inadeguato alle attuali esigenze del settore.
Nei confronti degli infermieri, ad esempio, si è assistito a un passaggio da concorsi con un numero esorbitante di domande a una situazione di completa desertificazione. Questo dimostra che il concetto stesso di concorso, basato su tre prove (scritta, pratica e orale), non è più adatto alle attuali congiunture. Non è ragionevole pensare che per reclutare un infermiere sia necessario utilizzare domande a risposta multipla sul Risk management o sull’approccio interpretativo fenomenologico.
È importante notare che la normativa concorsuale per il Servizio sanitario nazionale è attualmente oggetto di revisione e che, nell’ambito di tale revisione, il reclutamento di personale sanitario è escluso dall’applicazione delle disposizioni del nuovo regolamento. Tuttavia, resta da chiarire chi sia responsabile di mettere mano alla confusa normativa concorsuale del settore sanitario: il ministero della Salute, le Regioni o la Magistratura?
È evidente che sia necessario un intervento rapido ed efficace per risolvere questo caos normativo e riformare il sistema di reclutamento del personale sanitario. In tale ottica, sarebbe opportuno che il ministero della Salute, le Regioni e le autorità giudiziarie collaborino strettamente per affrontare la questione e garantire un sistema di reclutamento trasparente e adeguato alle esigenze attuali del settore.
La proposta dei contratti di formazione lavoro per gli infermieri
Nel breve periodo, una possibile soluzione per migliorare la situazione degli infermieri nella sanità pubblica potrebbe essere l’implementazione di contratti di formazione lavoro. Questo approccio è stato suggerito da diversi anni e sarebbe particolarmente adatto ai laureati in infermieristica, che frequentano corsi di laurea “appoggiati” alle aziende sanitarie per quanto riguarda la formazione e il corpo docente.
In particolare, durante l’ultimo anno del corso di laurea, sarebbe possibile stipulare un contratto di formazione e lavoro che consenta dopo due anni la trasformazione del CFL in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Questo approccio permetterebbe di valutare in modo approfondito le competenze e le abilità degli studenti, con la selezione avvenuta al momento dell’iscrizione al corso e poi ulteriormente all’atto della firma del contratto di FL.
Questa proposta è perfettamente in linea con il principio sancito nell’articolo 97, comma 3 della Costituzione italiana, che prevede l’accesso ai pubblici uffici mediante concorso, salvo i casi previsti dalla legge. La legge potrebbe quindi adattare alla specificità degli infermieri i contenuti dell’articolo 16 della legge 19 luglio 1994, n. 451.
La selezione basata sulla conoscenza sul campo (intesa sia in aula che in reparto) verificata costantemente per tre anni risulterebbe più affidabile e veritiera di una prova scritta, pratica od orale svolta in modo compulsivo insieme a migliaia di persone. La conoscenza sul campo è infatti in grado di rilevare la reale capacità manuale e la tecnica infermieristica del soggetto, aspetti difficilmente valutabili attraverso una prova scritta o pratica svolta in condizioni non realistiche.
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