Li chiamavamo eroi durante la Pandemia, i giornali e il web erano pieni delle loro testimonianze, di foto dei loro volti segnati da ore di lavoro con le mascherine e le tute anti-contagio. Hanno fatto turni devastanti, in condizioni pessime soprattutto all’inizio quando molti non erano provvisti nemmeno di protezioni adatte. Diversi infermieri sono morti a causa del Covid-19 ed altri per via del burnout. Alcuni sono stati integrati nel personale durante i mesi più duri e hanno rischiato tanto ma quando l’emergenza è rientrata sono stati rimandati a casa. Quanti di loro non hanno potuto abbracciare i loro cari, compresi i figli, per mesi a causa del timore di contagiarli. Come sono stati ricompensati?
I giovani infermieri fuggono nel privato
Non è strano quindi che ora l’Ordine delle Professioni Infermieristiche affermi che il numero dei giovani che intraprende questa professione sia nettamente diminuito. I motivi sono tanti soprattutto nelle strutture pubbliche:
- Lo stipendio degli infermieri italiani è il più basso d’Europa e non sono previsti benefit;
- Non c’è possibilità di fare carriera, nonostante gli anni di esperienza e la professionalità dimostrata;
- Se impegnati nel pubblico sono spesso trasferiti come tappabuchi da una struttura all’altra. E quando mancano sono sostituiti da altre figure professionali come OSS o addirittura infermieri stranieri di cui non si accerta la professionalità.
E’ normale che i giovani preferiscano fuggire nelle strutture private, allora, o persino fuori dall’Italia dove è riconosciuta sia la professionalità che le condizioni di lavoro. C’è la possibilità concreta di un avanzamento di carriera e soprattutto il professionista o la professionista che hanno bisogno di conciliare il lavoro con i ritmi della famiglia ne hanno l’opzione.
Un problema già esistente
Secondo Luciano Clarizia – presidente dell’OPI di Pordenone e già intervenuto sull’argomento in settembre del 2022 – la problematica è presenta da quasi una quindicina d’anni e la Pandemia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Di recente oltre alla fuga degli infermieri nelle strutture private si è verificato anche il fenomeno dell’abbandono della professione a causa di insoddisfazione. Una decisione quest’ultima che sta investendo personale con un’eta media superiore ai quarant’anni e che appunto sottolinea come le condizioni di lavoro siano peggiorate, come le fonti di stress. E i tagli alla spesa sanitaria non hanno certo aiutato.
Clarizia ha poi presentato un documento condiviso con tutti gli altri OPI presenti in Friuli-Venezia Giulia, in cui si indicava anche la diminuzione dei giovani iscritti al corso di laurea in infermieristica. In questi anni i giovani hanno osservato che gli infermieri sono elementi ancora poco considerati dal sistema sanitario.
Qualche dato e suggerimento dal Friuli-venezia giulia
Clarizia e i suoi colleghi hanno proposto alla regione una riorganizzazione del personale, che dia maggior valore a questa figura professionale. Infatti a settembre il Friuli-Venezia Giulia era già sotto di cinquecento infermieri e con la questione degli obiettivi nel Pnrr, dovranno raggiungere le mille unità.
Tra le proposte degli ordini professionali c’è anche quella di lanciare campagne di sensibilizzazione e incentivazione economica nelle scuole, per attrarre i più giovani. Oltre a coinvolgere gli infermieri che già lavorano in strutture nelle scelte strategiche aziendali. Infine prevedere degli incentivi economici per i professionisti extra-contratto, i benefit e il welfare aziendale, andando così a premiare le capacità acquisite e le condizioni lavorative che questa figura professionale meriterebbe.
Basteranno per migliorare lo standard dei servizi sanitari?