La recente proposta che prevede cambiamenti nei percorsi formativi universitari di medici, odontoiatri e veterinari, ha scatenato una serie di reazioni spesso contrapposte. Ma cosa è realmente accaduto? Per comprendere a fondo il contenuto del provvedimento e le radici delle divergenze manifestate dai vari attori coinvolti nel dibattito, è utile partire dall’inizio.
La pregressa situazione nel settore sanitario
Gli ultimi dati dell’OCSE indicano che, sebbene l’Italia abbia un numero di medici superiore alla media europea, vi è una carenza significativa di infermieri. Analizzando più a fondo la situazione, emergono dettagli preoccupanti:
- Esistono settori specifici della medicina, come la medicina del territorio, i medici di medicina generale (MMG) e l’emergenza-urgenza, che soffrono di una marcata scarsità di personale sanitario.
- Le politiche adottate dai vari governi negli ultimi 15-20 anni hanno aggravato questa situazione. Misure come il blocco delle assunzioni, i limiti di spesa per il personale e il numero chiuso per l’accesso ai corsi di medicina e alle specializzazioni hanno contribuito a una distribuzione età dei medici attivi che vede il picco nella fascia di 60-64 anni.
- Vi è la preoccupante previsione che, nel corso del prossimo quinquennio, tra i 40.000 e i 45.000 medici andranno in pensione, e attualmente non sono previste adeguate sostituzioni per questi professionisti in uscita. Questo scenario pone l’Italia di fronte a una possibile crisi nel mantenimento dei livelli necessari di assistenza sanitaria.
Inoltre
- Per una serie di motivi, che qui non verranno approfonditi, numerosi operatori sanitari, e in particolare i medici, stanno lasciando le strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per cercare opportunità più gratificanti all’estero o nel settore privato, sia accreditato che non.
- Proprio come accade in altre facoltà universitarie, ma ancor più in medicina, si verifica un problema di equilibrio tra le esigenze di occupazione e le legittime aspettative professionali dei giovani. Questa situazione è resa ancora più complessa dalla lunghezza del percorso formativo, che comprende 6 anni per la laurea magistrale e 5 anni per la specializzazione.
- Attualmente, l’accesso alle facoltà universitarie di medicina, odontoiatria e veterinaria non è libero ma è regolato da un sistema di numero chiuso, il che vale anche per le specializzazioni.
In conclusione, ci troviamo di fronte a un problema crescente riguardante la disponibilità di medici per il servizio sanitario.
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Il recente provvedimento dei medici
Il comitato ristretto della Commissione Istruzione del Senato ha recentemente approvato un provvedimento, con il consenso di maggioranza e opposizione, che modifica le modalità di accesso alle suddette facoltà. Contrariamente all’attuale sistema di numero chiuso, descritto spesso con il termine “numero programmato” per evitare connotazioni antidemocratiche, la nuova proposta elimina il test di ingresso tradizionale. Invece, introduce un primo semestre considerato propedeutico, durante il quale gli studenti devono accumulare un determinato numero di crediti formativi universitari e ottenere una posizione adeguata in una graduatoria di merito nazionale per continuare i corsi.
In pratica, il numero chiuso non viene eliminato, ma la sua applicazione viene posticipata: non si verifica al momento dell’ingresso universitario, ma sei mesi dopo. Il test d’ingresso viene sostituito dall’obbligo di raggiungere un certo numero di crediti durante i primi sei mesi.
Tuttavia, il raggiungimento dei crediti previsti non garantisce la prosecuzione degli studi in campo medico. Questa dipenderà ancora dal numero programmato di posti disponibili e dalla posizione che il candidato riuscirà a ottenere nella graduatoria nazionale.
Le reazioni
Nonostante le discussioni sulle modalità attuali o future per determinare il numero di medici da formare attraverso il sistema educativo (universitario e post-universitario), l’accesso alle facoltà mediche rappresenta soltanto un primo passo essenziale per esercitare la professione medica. La crisi attuale deriva in gran parte da decisioni programmatiche passate che hanno riguardato non solo la formazione, ma anche altri aspetti gestionali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), come i tetti di spesa, il blocco delle assunzioni e la politica salariale. Pertanto, concentrarsi solo sulla fase di accesso alle università è insufficiente e non affronta le vere cause dei problemi esistenti.
Apprezzamenti e critiche
La proposta di modifica delle regole di accesso ha suscitato reazioni miste. Da un lato, ha ottenuto apprezzamenti dai politici, in particolare da coloro che vedono in questa mossa un avvicinamento all’eliminazione del numero chiuso. Dall’altro lato, ha ricevuto critiche da parte del personale medico organizzato e alcuni accademici. Questi critici sottolineano che l’abolizione del numero programmato potrebbe portare a un eccesso di laureati senza reali opportunità di impiego nel settore medico. Vi sono inoltre preoccupazioni per il processo di selezione dopo i primi sei mesi, anche se questi aspetti potrebbero essere oggetto di ulteriori modifiche.
Il dibattito solleva un punto cruciale. E’ necessario allineare le aspirazioni degli studenti con le esigenze del sistema sanitario, come ha evidenziato il ministro Anna Maria Bernini. È fondamentale che il mondo dell’educazione e della formazione e quello della sanità collaborino strettamente per superare le problematiche del passato. L’avvio di cambiamenti nel sistema formativo universitario è un segnale positivo, anche se alcuni ritengono che le misure adottate potrebbero non essere abbastanza incisive o estese. Solo il tempo dirà se le iniziative intraprese porteranno i risultati sperati, come recita il proverbio: “Il buon giorno si vede dal mattino”.
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