Nursing Transculturale: oltre le frontiere dell’etnocentrismo per una visione olistica dell’essere umano

L’infermiere gioca un ruolo fondamentale nell’assistenza alla popolazione che, negli ultimi anni, è sempre più eterogenea, in un clima di interscambio etnico e culturale. 

“Il nostro pianeta è soggetto a continue trasformazioni in molte aree geografiche. Gli infermieri dovrebbero acquisire una nuova consapevolezza di questi mutamenti essendo sempre più informati dei problemi che ne potrebbero derivare per l’essere umano, da una prospettiva infermieristica transculturale.”

Questo è ciò che asseriva Madeleine Leininger, che circa 50 anni fa ha largamente anticipato una futura trasformazione della società basata sulle interazioni tra i diversi popoli e le diverse culture.

Fu lei a creare il cosidetto “nursing transculturale”.

Nursing transculturale

Questa prospettiva olistica definisce lo studio comparato e l’analisi di riferimento al comportamento dell’essere umano nell’ambito delle differenti culture, con l’obiettivo di sviluppare un corpo di conoscenze scientifico ed umanistico che apporta all’assistenza infermieristica determinati “tools” per gestire differenti tipi di pazienti. 

A dare maggior carico a questa concezione, la Leininger, nel 2004, rivide “il modello del sole nascente”, ossia un modello culturale che offre un’immagine visiva o, se vogliamo, una mappa concettuale che serve da guida per l’esplorazione della cultura, e dunque fa si che l’infermiere possa muoversi sistematicamente attraverso i principi fondamentali della teoria del nursing, con l’obiettivo di fornire un’assistenza culturale competente, rispettando evidenze scientifiche attuali di concerto con un sapere più squisitamente umanistico. 

Bisogna ricordarsi, però, che vi sono molteplici culture, e dunque molteplici difficoltà d’approccio con differenti pazienti che, non solo hanno una diversità etnica ma anche un diverso livello culturale (da ricordare che, questi principi, vanno tenuti presente anche quando ci approcciamo agli assistiti di cultura italiana, in quanto ogni persona ha un suo “precipuo” livello culturale e di alfabetizzazione).

Ecco che, il modello ASKED, o modello Campihna-Bacote, permette di porci 5 interrogativi sostanziali, tra cui:

  • A= Awareness: sono consapevole di tutti gli errori o i pregiudizi che ho verso gli altri?
  • S= Skill: ho le competenze per compiere una valutazione sensibile alle diversità culturali?
  • K= Knowledge: sono informato sulle altre culture?
  • E= Encounters: cerco l’incontro con coloro che sono diversi da me?
  • D= Desire: voglio davvero diventare culturalmente competente?

Il nursing transculturale è molto di più di un modello teorico: è uno stile di crescita e di identificazione professionale attraverso lo studio dell’antropologia come paradigma infermieristico. 

errori in cui è possibile incorrere

A questo proposito è essenziale riconoscere gli errori che, noi infermieri, spesso compiamo (senza rendercene conto). Tra questi vi sono esempi di:

  • stereotipizzazione: pensare a priori che tutti i membri di un particolare gruppo condividano gli stessi valori e le stesse credenze, che siano fondamentalmente simili gli uni agli altri, significa “non percepire” l’altro come unità unica, irripetibile ed olistica. 
  • Generalizzazione: ci conduce ad agire basandosi sull’attribuzione di un ampio bagaglio di credenze (spesso non del tutto veritiere) verso i componenti di un certo gruppo culturale. 
  • Etnocentrismo: la convinzione che la propria sia l’unica etnia “giusta” è un qualcosa che l’infermiere deve tenere ben lontano da sé, riconoscendo e rispettando la differenza dei principi degli assistiti al fine di erogare un’assistenza veramente efficace ed efficiente.

Tali “barriere” psico- emotive possono essere “rielaborate” attraverso i principi che guidano il nursing transculturale, essi sono:

  • accoglienza e rispetto di ciascun individuo come essere unico e irripetibile;
  • conoscenza dei problemi prioritari di salute che colpiscono determinati gruppi culturali ed etnico-religiosi.
  • accertamento del substrato culturale e delle credenze relative alle pratiche socio-sanitarie.
  • elaborazione di un piano di assistenza compatibile con il sistema di credenze sulla salute di ogni individuo.

Se si considera che il retroterra culturale influenza le azioni e le reazioni di ciascun individuo all’ambiente e alle situazioni nuove che si trova a vivere, non è difficile intuire come acquisire competenze transculturali rappresenti un terreno fertile” per la professione infermieristica: un passo avanti verso l’erogazione di prestazioni assistenziali che, oltre a tutto il resto, non feriscano la dignità culturale, ossia la parte più  importante di ogni essere umano sia a livello fisico, sia a livello psico-cognitivo ed emotivo. 

Oltre a quanto esposto sopra appare altrettanto evidente quanto sia importante, per l’infermiere di oggi, ciò segue:

Apprendere una lingua straniera: la conoscenza di almeno una lingua straniera da parte del professionista infermiere è raccomandabile per colmare i gap comunicazionali (verbali e non verbali). 

Aggiornare le tecniche relazionali: di fondamentale importanza è conoscere come alcune tra le più frequenti sfumature delle attività assistenziali comprendano elementi che assumono valori differenti da persona a persona, ad esempio:

  • contatto visivo: il guardare in maniera prolungata negli occhi può rappresentare cosa gradita, oppure qualcosa di offensivo o di lesivo della propria intimità.
  • Contatto fisico: ci sono culture che prevedono l’impossibilità per un uomo, seppur operatore sanitario, di eseguire un esame fisico su una donna, altre che vedono una forma di scortesia porre una mano sulla testa o sulla nuca, poiché “contenitore” dell’anima della persona.
  • Spazi e distanze: la riduzione dello spazio personale è spesso recepito come un disagio o una violazione della propria “privacy”.
  • Approfondire aspetti biologici e culturali: è opportuno acquisire familiarità con le principali differenze fisiche fra i vari gruppi etnici e con le principali credenze culturali e sanitarie per progettare un piano di assistenza adeguato (ad es. non trascurare gli aspetti “simbolici” del cibo e dei digiuni, ossia valutare come ogni alimento possa rappresentare una ricompensa, una punizione o su quali organi  apporti beneficio o disordine).
  • Coinvolgere l’assistito: al fine di conoscere i suoi modelli di coping e di favorire i rituali che la persona ritiene utili alla propria guarigione.
  • Rispettare l’assistito: evitare di ridicolizzare, in forma verbale o non verbale, qualsiasi convinzione o pratica culturale osservata dalla persona. 

Se si considera che il retroterra culturale influenzi le azioni e le reazioni di ciascun individuo all’ambiente, non è difficile intuire come acquisire competenze transculturali rappresenti un’ulteriore progresso per la professione infermieristica: un passo avanti verso l’erogazione di prestazioni assistenziali che, oltre a tutto il resto, non feriscano la dignità culturale, parte importante dell’individuo inteso come unità olistica, unica ed irripetibile. 

di Susanna Maggione

Per informazioni