Aspetti fisiologici e comportamentali della dipendenza da nicotina: azione psicoattiva sul sistema nervoso centrale

Le strutture del sistema limbico sono elencabili nel modo seguente: giro del cingolo (con il giro sottocalloso), il giro paraippocampale, la formazione ippocampale (che comprende l’ippocampo, il giro dentato e il subiculum) e l’amigdala. Quest’ultima coordina la componente endocrina, autonoma e comportamentale dell’individuo, gestendo anche la risposta emotiva legata ad esperienze edoniche.

L’amigdala è situata nel lobo temporale, davanti all’ippocampo, essa si compone di dieci nuclei, tra cui la parte basolaterale, una parte corticomediale e un nucleo centrale. Essa riceve afferenze viscerali, sensoriali e quelle dell’ippocampo. In via efferente è connessa all’ipotalamo, alla corteccia, ai nuclei del tronco encefalico e delimita l’apice del nucleo centrale. L’amigdala regola inoltre i processi cognitivi alla base degli stati emotivi, grazie alle connessioni col giro del cingolo e con la corteccia prefrontale.

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Le conseguenze delle lesioni dell’amigdala

Attraverso degli esperimenti si è giunti alla conclusione che lesioni dell’amigdala nell’animale determinino alterazioni del comportamento alimentare, indifferenza emotiva, isolamento sociale ed ipersessualità. Nell’uomo, il sistema limbico, controlla funzioni di base collegate alle emozioni e all’autoconservazione del soggetto, come il nutrimento, l’aggressività, la riproduzione, l’apprendimento, la memoria e l’esperienza del piacere. In particolare, il sistema mesolimbico, formato dai neuroni mesencefalici (area del tegmento ventrale), sintetizzano dopamina ed inviano le loro proiezioni nervose ad aree anteriori (corteccia prefontale) e ventrali. Una lesione dell’amigdala, può provocare paura, apprensione, aggressività, allucinazioni. Essa è essenziale, nell’uomo, anche per il riconoscimento dell’espressione mimica facciale altrui (Imeri, et al., 2010).

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La nicotina raggiunge il cervello in pochi secondi

La nicotina raggiunge il cervello in pochi secondi, superando velocemente la barriera emato-encefalica.

La stretta associazione temporale si definisce contingenza e descrive il lasso di tempo tra l’atto di aspirare e gli effetti piacevoli dati dalla sostanza. Questo elemento è fondamentale per lo stabilirsi di un comportamento rinforzato di assunzione di una droga. La nicotina, a livello neuronale, si lega ad appositi recettori colinergici, di tipo nicotinico.

Questi recettori rispondono all’acetilcolina e sono coinvolti in differenti processi fisiologici, tra cui l’aumento di energia, di allerta e di attenzione. Presentano una struttura costituita da cinque subunità proteiche, disposte intorno ad un canale centrale attraverso il quale passano gli ioni sodio e gli ioni calcio. Il legame della nicotina col recettore nicotinico va a modificare il flusso degli ioni attraverso le membrane neuronali, inducendo una depolarizzazione che determina l’eccitazione della cellula nervosa. Il recettore nicotinico è composto da nove subunità di tipo “a” e tre subunità di tipo “β”, tale composizione definita “a4β2” è la più importante per la mediazione della dipendenza nicotinica. Quando il recettore lega la nicotina cambia conformazione: si apre e consente il passaggio di ioni positivi all’interno della cellula e dopo pochi millisecondi torna allo stato originale (chiuso) ma di nuovo è in grado di legare la nicotina.”.

La nicotina, rispetto all’acetilcolina, permette un legame più duraturo a livello della sinapsi chimica in quanto non può esser idrolizzata dall’enzima acetilcolinesterasi. L’esposizione a basse concentrazioni permette la desensibilizzazione dei recettori che, in questo stato, hanno un’affinità maggiore per la nicotina stessa, ma una ridotta capacità di risposta. Ogni sostanza psicoattiva che induce dipendenza possiede una proprietà di rinforzo e questo è il caso della nicotina.

Diverse sperimentazioni hanno dimostrato come la nicotina, testata su animali, porti all’autosomministrazione della stessa da parte della cavia. Tale pulsione è inoltre legata ad un incremento della secrezione di dopamina nel nucleo della corteccia cingolata anteriore. È noto inoltre come i processi di motivazione e gratificazione (cibarsi, accoppiarsi etc…) siano modulati dal neurotrasmettitore dopamina e che il rinforzo positivo, determinato dalla sostanza d’abuso, incrementi perciò i livelli di questa catecolamina. La risposta dopaminergica è di tipo fasico, sia nel rilascio sia nell’attivazione recettoriale, viceversa la risposta alle droghe agisce su un substrato neuronale sensibilizzato, dove ogni minima stimolazione produce il rilascio anomalo di dopamina. Di conseguenza, la risposta fisiologica in chi fa uso di sostanze è di maggior ampiezza e durata rispetto a quella che si ha in seguito ai rinforzi naturali 22 (Bertoletti, et al., 2009).

Gli studi con Risonanza Magnetica Funzionale

Studiando la zona mesencefalica dei fumatori, mediante Risonanza Magnetica per Immagini (RMI) e Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) e Tomografia Computerizzata a Emissione di Singolo Fotone (SPECT) si è giunti a scoperte interessanti. Nelle persone dipendenti da sostanze, infatti, sia il sistema dopaminergico, sia quello inibitorio del GABA risultano danneggiati. Grazie alla fMRI si è potuto studiare il flusso ematico cerebrale (CBF). I ricercatori hanno notato che utilizzando stimoli evocativi di vario genere (nicotina somministrata in bassa dose, esposizione ad un evento stressante, esposizione ad un elemento gratificante associato alla sostanza) si possono individuare i circuiti neuronali e le strutture corticali coinvolte nell’abuso cronico e acuto da nicotina, comprendendo meglio quali siano le aree cerebrali deputate alla ricerca compulsiva della droga e al suo desiderio (craving) (Bertoletti, 2009).

Inoltre una riduzione dei livelli di attivazione della corteccia prefrontale (che modula le funzioni di analisi e la presa di decisione) ed un incremento dell’attivazione delle aree della corteccia limbica (che spiega la perdita di controllo inibitorio sul desiderio compulsivo dell’uso della sostanza) spiegherebbero meglio il fenomeno (Gons, 2011; Bertoletti 2009). Una recente ipotesi spiega inoltre come vi sia un’alterazione dei bias attentivi nel fumatore (modello “multiple action”) e di come il neuroadattamento del soggetto fumatore generi una diversa omeostasti a livello cerebrale (allostasi). Figura I Alterazione del metabolismo cerebrale in un fumatore sottoposto a ripetute associazioni ambientali legate all’azione di fumare e all’assunzione di nicotina (Bertoletti, et al., 2009; p. 42).

Dalle ultime ricerche si dimostra che ripetute associazioni ambientali tra l’azione di fumare e l’assunzione di nicotina determinino un rafforzamento dei ricordi piacevoli legati alla sostanza a livello cerebrale (Bertoletti, et al., 2009). L’esposizione alla nicotina, infatti, determina l’attivazione neurofisiologica di quest’area, generando un effetto euforizzante positivo mantenuto costante dal rinforzo comportamentale (Serpelloni, et al.,2012). A questo proposito il bloccante della ricaptazione della dopamina, il bupropione (usato nel trattamento antifumo), agisce nella prevenzione delle ricadute, in virtù delle sue caratteristiche dopaminergiche. Inoltre esso si lega anche ai recettori nicotinici e blocca la ricaptazione della noradrenalina. La nicotina agisce sul sistema noradrenergico, il quale utilizza noradrenalina come neurotrasmettitore. I corpi cellulari che sintetizzano questo ormone si trovano alla base del cervello, a livello del locus coeruleus, collegato ad altre strutture, come l’ippocampo e l’amigdala. Le cellule che sintetizzano noradrenalina producono un’aumentata attività durante l’astinenza da nicotina, inducendo un’alterazione dei processi di allerta a cui sono riconducibili i sintomi di astinenza.

Le conseguenze all’esposizione cronica di nicotina

L’esposizione cronica alla nicotina produce anche alterazioni della funzionalità serotoninergica che può portare a disforia, anedonia e disturbi dell’appetito. Gli studi di laboratorio hanno permesso di osservare cavie che si autosomministrassero dosi di nicotina, osservando come il comportamento le portasse ad assunzioni ripetute, protratte per mesi. Questi esperimenti hanno permesso di effettuare la mappatura di aree celebrali attivate durante il comportamento compulsivo dato dalla sostanza. Sono state studiate sostanze legate all’espressione genica, deputate alla regolazione di processi di sintesi di proteine ed enzimi. Il neuroadattamento, ossia la dipendenza fisiologica determinata dalla continua assunzione di nicotina, si manifesta in modo patologico quando si smette di fumare: in questi casi si toglie la condizione base che ne aveva permesso l’espressione.

Smettere di assumere nicotina maschera i processi neuroadattivi messi in atto dall’apparato neurofisiologico. In tale ambito il fenomeno più studiato è quello della tolleranza: si ha una desensibilizzazione rapida dei recettori nicotinici subito dopo il legame della nicotina al recettore stesso. La desensibilizzazione è una sorta di servofreno, ossia una riduzione del tempo di attivazione del recettore.

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di Susanna Maggione

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