La compliance: adesione e partecipazione attiva della persona al processo di cura

Si definisce l’adesione al trattamento (compliance) la collaborazione da parte della persona al trattamento diagnostico-terapeutico e assistenziale.

In realtà, la compliance, può manifestarsi sotto diverse forme e può essere talvolta definito come l’accettazione o la partecipazione attiva del malato al processo di cura. L’elemento fondamentale è l’investimento emotivo che il curato attua nella ferma intenzione di promuovere o migliorare la propria salute; ciò è possibile solo se il rapporto tra infermiere e assistito sia basato sulla mera fiducia e il disinteresse. La compliance è un processo circolare e dinamico, non è uno stato psicologico del malato o dell’operatore, ma è un percorso ricorsivo, in cui i bagagli culturali di entrambi s’incontrano.

L’adesione al trattamento

L’adesione al trattamento è senza dubbio influenzata dall’età, dal sesso, dal tipo di patologia, dall’istruzione, dalla situazione famigliare, affettiva e lavorativa. Inoltre è significativo il contesto in cui si svolge la relazione che porta alla compliance. Pensiamo ad esempio a quanta differenza c’è tra l’assistenza svolta in ospedale e al domicilio. In ospedale ogni attore indossa un’uniforme, il camice per i medici, la divisa per gli infermieri, il pigiama per i malati. Ognuno di essi svolge determinati “compiti. Il malato, attore “a rischio”è portato difficilmente a poter trovare un’unica figura di riferimento tra gli operatori in quanto la turnistica e l’organizzazione biomedica porta in serbo l’obiettivo di produrre “salute”. Tali elementi potrebbero creare la condizione non voluta della spersonalizzazione assistenziale e quindi ostacolare la buona riuscita della compliance. Relazionarsi col paziente, tramite le regole della comunicazione, permette all’infermiere di far vivere la malattia alla persona, trasmettendo informazioni complete nel rispetto del dettato deontologico, contribuendo alla possibilità, da parte degli operatori, di essere credibili ed onesti.

Le cure infermieristiche complementari

Le cure infermieristiche complementari sono soggette al processo dinamico di compliance, nessun trattamento, o, in questo caso, nessuna “cura”, benché innocua e con solo fine relazionale, può essere imposta e non proposta al malato. Queste cure vanno discusse col curato mediante un’eventuale processo di counselling e va chiesta sempre “l’accettazione” come attributo psicologico fondamentale e inderogabile dell’assistenza infermieristica.

Il counselling e la teoria del nursing psicodinamico di Hildegard E. Peplau

Il counselling e la teoria del nursing psicodinamico di Hildegard E. Peplau ha implicazioni infermieristiche nell’agire quotidiano.

MASTER ECM ONLINE: Il Counseling per le professioni sanitarie

Il counselling è definito come attività di consulenza, specie per l’orientamento professionale. La parola deriva dall’inglese “to counsel”, ossia “consigliare”. Il counselling nasce negli anni ’50, negli Stati Uniti d’America e negli anni ’70 in Europa, in particolare nel Regno Unito, sia come servizio di orientamento, sia come strumento di supporto nei servizi sociali e nel volontariato. Lo scopo è quello di offrire sostegno e consulenza rapida ma efficace tanto quanto la psicoterapia. Nell’ambito infermieristico “couselling” significa saper ascoltare, comprendere e orientare la persona che chiede aiuto, attraverso l’attivazione organizzata delle sue risorse, con l’obiettivo di favorire scelte costruttive da parte dell’assistito, incentivandone lo sviluppo autonomo e la valorizzazione personale.

Il Codice Deontologico dell’infermiere

Il Codice Deontologico dell’infermiere afferma che l’infermiere deve ascoltare, informare, coinvolgere l’assistito e valutare con lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte”.L’assistito, attraverso il counselling, è incentivato a promuovere la propria salute, aumenta la conoscenza di se stesso, sviluppando la propria identità ed il proprio potenziale psicodinamico.

L’infermiere, promuovendo l’utilizzo di tecniche di comunicazione verbale, considera l’uomo come un insieme di variabili ontologiche, incentiva la responsabilizzazione nell’utilizzo di risorse residue, favorendo la presa in carico del sé, per la promozione del proprio benessere.

L’onestà del counsellor pone la base per un rapporto sincero, in cui il sostegno è basato su azioni reali e non su falsi presupposti. Le cure infermieristiche complementari possono essere proposte tramite l’azione specifica di counselling.

L’infermiere può indirizzare il paziente attraverso l’empatia e l’ascolto ad occuparsi di sé L’infermiere può indirizzare il paziente attraverso l’empatia e l’ascolto ad occuparsi di tramite l’uso delle cure suddette. Queste possono essere fornite dall’infermiere al paziente, oppure, tramite un’educazione appropriata, sono utilizzate dal paziente in completa autonomia, applicando un’azione di self- care abilitante alla gestione autonoma della propria salute.

Possiamo addirittura definire la tecnica di counselling vera e propria cura infermieristica complementare, in quanto si basa sull’ascolto attivo, definito dal sito ufficiale di Evidence Based Nursing ( tratto dal seguente sito internet: www.evidencebasednursing.it) come cura infermieristica complementare.

di Susanna Maggione

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