Il modello concettuale di Evelyn Adam nell’assistenza infermieristica 1200x800

Il modello concettuale di Evelyn Adam nell’assistenza infermieristica

Il corpo è proprietà inalienabile e luogo unico del “sentire”, a tal proposito le cure infermieristiche complementari aiutano l’infermiere a completare il percorso terapeutico, inoltre sono raggrupabili in un sistema più ampio di cure per la salute. Esse hanno come fondamento la visione collaborativa tra chi assiste e chi è assistito, tale collaborazione ha lo scopo di orientare la cura fisica, mentale, emotiva, sociale e spirituale verso il benessere.

Le cure proposte integrano umanamente i trattamenti medico-infermieristici convenzionali, senza alterarli o interferendo con essi. Con il termine “cura” di etimologia incerta, si intende “occuparsi di”. L’obiettivo della medicina è guarire, guarire si traduce in inglese con to heal (dal germanico helen, rendere intero, completo). Questo verbo richiede la presenza di un curante (soggetto attivo) e di un curato (soggetto passivo): il primo tratta clinicamente il secondo affinché questo guarisca. Quando il paziente si ristabilisce, in realtà compie attivamente l’azione di vincere la malattia.

L’infermiere abbraccia un ottica olistica

Deve saper guidare, ascoltare, rassicurare e sostenere chi è portatore di un “disagio” generato da una patologia. “Il prendersi cura” è un concetto che include l’educazione che l’infermiere fa “con” e “sul” paziente. L’educazione ha lo scopo di far apprendere al paziente come ascoltare i messaggi psico-fisici, come responsabilizzarsi nei confronti della salute, riconoscendola in quanto processo dinamico ad evoluzione ciclica. Nella semantica della parola “cura”, rientrano i termini “portare con sé”, “sostenere”, “afferrare”, “ricevere”, “trattenere”, “catturare”, “raggiungere”, “conquistare”, “misurare”. Da qui, da queste definizioni, sorgono alcuni interrogativi: “l’assistenza infermieristica oggi come oggi sta rispondendo ai bisogni di salute delle persone in maniera olistica?”.“Si può tornare ad un recupero di tecniche infermieristiche complementari ormai entrate in disuso?”. “Quali benefici i malati avrebbero se negli ospedali si introducessero le cure infermieristiche complementari?”.

Le cure infermieristiche complementari

Richiedono una preparazione tecnica qualificata da parte degli infermieri, sono estremamente economiche per le Aziende Ospedaliere, non richiedono l’uso di farmaci o di apparecchiature sofisticate, ma solo la presenza del professionista capace, che ha voluto investire sul proprio sapere e sull’approfondimento delle conoscenze. L’unico problema appunto, per introdurle, sarebbe quello di modificare la routine sanitaria dei reparti di degenza. Routine che, nel 2023, dovrebbe essere mutata in virtù di una risposta individualizzata e scientificamente provata che rende conto ai malati e ai bisogni umani e fisici di cui sono portatori.

Tali affermazioni, apparentemente radicali, trovano riscontro nel significato delle parole “assistere” e “nursing”. Assistere, dal latino ad- sistere, significa infatti “stare vicino”, “stare accanto a”, “prendersi cura”. “Nursing”deriva dal latino nutrix, che significa “nutrire”. Nutrire è l’atto che compie la madre quando allatta il proprio figlio, significa propriamente “somministrare alimenti per tenere in vita la persona”. L’infermieristica, disciplina nomotetica (che ricerca cioè leggi generali) e idiografica ( che studia i casi singoli e la loro storia) è una scienza umana basata su conoscenze e azioni supportate da evidenze scientifiche, ha lo scopo di supportare, sostenere e rispondere ai bisogni dell’assistito.

Martha Rogers definisce la parola “nursing” come una scienza che si occupa degli esseri umani. Essi sono unitari e in costante e reciproco rapporto con il loro ambiente. L’infermieristica si avvale inoltre di modelli concettuali, ossia di immagini costruite mentalmente che configurano la struttura della realtà.
I componenti essenziali di un modello concettuale sono i seguenti (Adam, 1992):

  • I postulati che sono alla base del tutto;
  • I valori che giustificano il tutto;
  • Gli elementi che sono: a) Lo scopo, ideale e limitato; b) Il beneficiario del servizio; c) Il ruolo del professionista; d) La fonte della difficoltà provata dal beneficiario; e) L’intervento del professionista; f) Le conseguenze.

I postulati: sono proposizioni affermative ritenute il fondamento scientifico di un modello concettuale.

I valori: sono le credenze, ciò che è ritenuto eticamente giusto, buono ed importante secondo il giudizio di una data categoria professionale in accordo con la società e l’epoca storica di cui fa parte.

Essi costituiscono “il perché” del modello concettuale.

Gli elementi: essi sono “il che cosa” del modello concettuale, vi sono sei tipi di elementi, di seguito elencati (Adam, 1992).

1)- Lo scopo della professione è la meta che essa stessa persegue, è il fine, presupposto che si vuole raggiungere. Lo scopo determina il modo d’agire di un’intera categoria professionale.
Esso è ideale e limitato. Ideale perché l’infermiere tende ad un modello di assoluta perfezione al quale aspirare nel proprio esercizio professionale. Limitato in quanto definisce i confini, i parametri professionali.

2) L’obiettivo dell’attività professionale è il soggetto su cui viene diretta l’assistenza. Il beneficiario dell’agire infermieristico è l’assistito.

Il modello concettuale che l’infermiere oggigiorno dovrebbe proporre è quello olistico. Egli considera la salute come valore, l’essere umano è visto nella sua globalità e completezza. Salute e malattia sono posti su una linea retta indicante un “continuum”. Salute e malattia sono momenti diversi di una stessa persona e per questo motivo sono in equilibrio dinamico. Nel momento in cui l’equilibrio è perturbato si ha lo stato di malattia.

Le cure infermieristiche complementari intervengono nell’ambito del modello concettuale olistico, valorizzando l’importanza del malato in quanto uomo ed esaminando il concetto “salute” attraverso le relazioni che l’individuo instaura nel suo ambiente di vita sociale.

3) Il ruolo del professionista, definito come l’atteggiamento che assume all’interno dell’ambito professionale, è riconosciuto e accettato dai membri della società.
La domanda che sorge spontanea è: “Come possono le cure infermieristiche complementari modificare il ruolo del professionista?” Il pubblico si rivolge all’infermiere perché sa che quest’ultimo possiede la capacità di alleviare le sofferenze assistendo le persone. Di conseguenza, possiamo chiederci: “in che modo le cure infermieristiche complementari potrebbero innalzare i livelli assistenziali?

La risposta risiede ne “La fonte delle difficoltà”, definita come il disagio incontrato dall’assistito nel processo di malattia risolta con l’attività di assistenza infermieristica svolta dall’infermiere. Anche in questo caso le cure infermieristiche complementari, soprattutto quelle di tipo tattile- manuale (massoterapia, shiatsu), contribuiscono ad alleviare le sofferenze del malato, migliorando ulteriormente la qualità dell’assistenza.

4) L’intervento del professionista comprende: • Il centro o punto focale dell’azione, ossia un solo aspetto della persona umana alla quale ci si dedica. Questa affermazione, seppur veritiera, non deve ricadere nel concetto paradigmatico biomedico della cura interessata alle “parti” della persona. Deve conservare l’ottica olistica, innovativa e globale nel processo al curato.

I modi di intervento intesi come i mezzi di cui gode il professionista.

Prevedono l’utilizzo di strumenti e di una metodologia per intervenire con il paziente nel processo di cura. L’infermiere diventa portatore della conoscenza delle cure complementari, utilizza il proprio corpo per trasmettere e comunicare al malato.

Le conseguenze dell’attività professionale, ossia i risultati attesi, sono gli esiti del proprio agire competente e sono in accordo con lo scopo perseguito. L’esito per eccellenza è il risultato di un benessere psico- fisico del paziente e non la semplice assenza di patologie di origine anatomo-fisiologica (Adam, 1992).

La descrizione del modello sopracitato ha il solo scopo di regolare l’agire professionale in modo corretto, prendendo come punto di riferimento la teoria, “faro luminoso” da applicare in modo scientifico alla prassi clinica.

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