Per prevenire l’eccesso infiammatorio da Coronavirus si possono utilizzare antinfiammatori come l’ibuprofene, la colchicina ed il cortisone.
I più importanti inibitori dell’infiammazione, provocata dall’infezione del SARS-CoV-2, sono i derivati della china, la cui corteccia è da secoli adoperata come antifebbrile e antimalarica. Per la loro azione di blocco di certe componenti del sistema immunitario, la medicina li adopera nel trattamento di alcune malattie autoimmuni, quali l’artrite reumatoide ed il lupus, ciò permette di prevenire e curare la tempesta citochinica. Importante ricordare il meccanismo autoimmune che sottende le complicanze della patologia, per tale motivo i derivati della china sono i migliori nel trattamento farmacologico. Le molecole, nello specifico, che sono state sperimentate sono tre: la clorochina fosfato, la ferrochina e l’idrossiclorochina (HCQ), quest’ultima è risultata la più attiva e la meno tossica.
L’idrossiclorochina (HCQ)
L’idrossiclorochina (HCQ) è un farmaco antimalarico/antinfiammatorio che altera il trasferimento endosomiale dei virioni all’interno delle cellule umane. L’HCQ è anche uno ionoforo dello zinco che convoglia lo zinco a livello intracellulare per bloccare l’ RNA polimerasi RNA dipendente del SARS-CoV-2, l’enzima centrale della replicazione del virus, importante anche ricordare che lo zinco è un noto inibitore della replicazione dei Coronavirus. Gli studi dimostrano che lo zinco è ottimo per il trattamento del raffreddore comune, è stata dimostrata anche una modesta riduzione della durata e/o della gravità dei sintomi. Per estensione, questa terapia non tossica, può essere utilizzata ai primi segni di CoViD-19.
L’idrossiclorochina e la clorochina possono essere utili nel trattamento della SARS, in quanto l’endocitosi può essere coinvolta nell’ingresso virale nella cellula e dunque c’è un’importante risposta immunitaria associata al peggioramento clinico, a causa del rilascio di citochine 31 infiammatorie come TNF-alfa e IL-6. E’ stato dimostrato che la clorochina era significativamente efficace anche quando il farmaco veniva aggiunto 3-5 ore dopo l’infezione, suggerendo un effetto antivirale anche dopo l’insorgenza dell’infezione stessa. Le cellule pre-trattate con clorochina erano resistenti al virus per una compromissione della glicosilazione terminale del recettore ACE2, che comporta una diminuzione dell’affinità del recettore virale e quindi riduce l’inizio dell’infezione. Gli antimalarici hanno proprietà uniche che li distinguono da altri farmaci antinfiammatori: sono molto lipofili e questa proprietà aumenta la loro capacità di attraversare la barriera ematoencefalica.
Quindi, hanno il potenziale per agire non solo a livello periferico ma anche nel sistema nervoso centrale e di avere un effetto farmacologico positivo nel trattamento (o prevenzione) del danno al tessuto nervoso, generato, spesso, dalla proteina Spike. Sono inoltre inibitori non selettivi delle isoforme della fosfolipasi A2, inclusa la fosfolipasi A2 citosolica (cPLA2). Quest’ultima non solo è attivata dalle citochine, ma genera essa stessa acido arachidonico, che viene metabolizzato dalla cicloossigenasi (COX) in eicosanoidi pro-infiammatori. In questo processo vengono prodotti radicali liberi, che possono portare a danni ossidativi anche al tessuto nervoso.
La clorochina, come l’azitromicina, sono composti debolmente basici che si accumulano negli organelli acidi a causa della ripartizione del PH e dell’interazione con fosfolipidi caricati negativamente. Questi tipi di farmaci sono indicati come lisosomotropici (cioè con tropismo nei lisosomi) e sono in grado, dopo l’ingresso nella cellula, di accumularsi negli endosomi, nei lisosomi e nelle vescicole del Golgi, aumentando il PH endosomiale in maniera dosedipendente, inibiscono l’ingresso virale mediato dalla proteina Spike.
L’alcalinizzazione delle vescicole cellulari modula anche la risposta immunitaria (riduzione del fattore di necrosi tumorale e della secrezione di interleuchina e la replicazione virale, alterando la traduzione delle proteine e le modificazioni post-traslazionali nell’apparato di Golgi). L’idrossiclorochina, come visto sopra, altera la glicosilazione dei recettori di superficie utilizzati da Sars-CoV-2 per l’infezione cellulare come il recettore ACE2.
Inoltre, L’HCQ interferisce sia con la segnalazione dei recettori Toll-like (TLR) TLR7 e TLR9, attraverso i cambiamenti dipendenti dal pH e il legame diretto agli acidi nucleici, entrambi questi meccanismi immunomodulatori sono parte delle vie di segnalazione che promuovono la trascrizione delle citochine pro-infiammatorie. Purtroppo, nel 2020, l’AIFA conferma la sospensione dell’autorizzazione all’utilizzo offlabel dell’idrossiclorochina nella pratica clinica sia per uso terapeutico (ospedaliero e territoriale) sia per 32 l’uso profilattico.
Gli antimalarici sembrano però essere efficaci quando iniziati prima nel decorso ospedaliero, per pazienti ambulatoriali gli antimalarici possono ridurre la progressione della malattia, prevenire il ricovero, e sono associati a mortalità ridotta. Ne segue che la tempistica della terapia con idrossiclorochina (somministrazione entro un giorno dal ricovero), potrebbe spiegare le discrepanze tra i diversi studi. Nello studio Recovery, il tempo mediano tra l’insorgenza dei sintomi e la randomizzazione era di 9 giorni e una percentuale sostanziale di pazienti (16,7%) era già in ventilazione meccanica al momento della randomizzazione, inoltre i dosaggi utilizzati erano più alti rispetto agli altri studi che hanno riportato risultati favorevoli senza segnalazioni di reazioni avverse gravi.
L’idrossiclorochina ha infatti intervalli terapeutici ristretti e gli effetti tossici sono strettamente correlati alla dose ingerita. Una dose una tantum di 20 mg/kg è stata descritta come tossica e dosi di 30 mg/kg hanno provocato decessi, mentre l‘impiego dei dosaggi prescritti per il trattamento domiciliare e la breve durata della terapia presenta un rapporto beneficio/rischio molto favorevole. Ciò è stato sostenuto da un voto internazionale di 6227 medici provenienti da 30 Paesi e regioni rilasciato dalla Società di voto medico globale SERMO ha rilevato che delle 15 alternative di trattamento, il 37% dei medici ha valutato l’idrossiclorochina come “il trattamento più efficace per CoViD-19”.
I numerosi meccanismi d’azione dell’idrossiclorochina e dei farmaci/fitoterapici associati (clorochina, chinino, principi attivi dell’Artemisia annua e della Nigella sativa) nei confronti del SARSCoV- 2 e SARS-CoV-1, supportano il razionale d’uso per questo farmaco ( Bolgan, Principi di gestione della terapia farmacologica del paziente sintomatico da covid-19,2020). Oltre a frenare le citochine, questo farmaco ha un’azione antivirale (osservata già negli anni Ottanta) nelle infezioni HIV, HCV, HBV e, in seguito, nella SARS da CoV-1.
L’idrossiclorochina risulta efficace nella profilassi e nelle infezioni acute da Coronavirus (azione profilattica e terapeutica) e la sua azione agisce prima e dopo l’esposizione al SARS-CoV-1. Questa molecola farmacologica esercita un’azione antivirale anche nei confronti del virus dell’influenza suina (H1N1) e del virus Zika. L’azione antivirale della clorochina si esplica perfino in casi d’infezione da virus della Dengue, virus Ebola, SARS ed influenza A.
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